14 settembre 2025 – Arrivo a Lisbona
“Tutto ciò che vediamo è un’altra cosa. Il mare è sempre il mare, ma non è mai lo stesso mare.”
(Fernando Pessoa,
Il libro dell’inquietudine)
L’alba ci sorprende ancora in nave, con la luce che filtra delicata tra le grandi vetrate del buffet panoramico. La città sul Tago si mostra piano piano: tetti rossi, chiese, torri e il ponte rosso del 25 de Abril che sembra sorvegliare l’ingresso. La colazione diventa quasi un rituale teatrale: tra un waffle e un croissant, il mare e la città si srotolano davanti ai nostri occhi e noi siamo tutti catturati dalla magia del momento.
Mio figlio non riesce a staccare lo sguardo dai tetti e dalle vie che si aprono come un labirinto di storia e fantasia. Con la mano indica scorci immaginari: una “astronavicella” parcheggiata tra i palazzi, un museo-fantascienza simile al MAAT di Belém trasformato nella sua mente in una stazione spaziale piena di robot e luci lampeggianti. Ridiamo insieme, ma è una risata piena di attesa e meraviglia: il senso della partenza, l’incontro tra reale e immaginario, prende forma davanti a noi.

Mentre la nave scivola sotto il ponte 25 de Abril, Giulio alza lo sguardo e con aria serissima chiede se il comandante abbia controllato bene le misure, perché “non ci passiamo!”. Scoppia una risata generale, e anch’io penso per un attimo che il ponte sembri davvero vicinissimo, quasi a sfiorare le antenne più alte della nave. È quel momento in cui la realtà si colora di un pizzico di fantasia infantile, e ci ritroviamo tutti a guardare verso l’alto trattenendo il fiato, come se davvero fosse in gioco il nostro passaggio.
Proprio allora, un ospite americano seduto poco distante si gira sorridendo e mi dice che questo non è niente in confronto a quando la nave passerà sotto il ponte di Porto, “molto più bello e suggestivo”. Lì per lì sorrido educatamente, ma dentro di me qualcosa non torna: so bene che noi non attraccheremo a Porto, ma a Leixões, che è ben diverso. E poi, anche volendo, mi chiedo come abbia potuto immaginare l’Equinox infilarsi sotto il Ponte Dom Luís I, stretto e sospeso sul Douro come una lama d’acciaio. Ho sorriso tra me e me: gli americani hanno il dono di raccontare tutto con tanta convinzione che per un attimo quasi ci credi… salvo poi renderti conto che nemmeno in un film di Hollywood l’Equinox potrebbe passare sotto il ponte di Porto!
Poi la vista si allarga e ci troviamo davanti alla Praça do Comércio. La piazza è maestosa, ampia, luminosa, con i suoi edifici storici che sembrano abbracciare il Tago. È impossibile non restare catturati dalla sua grandezza e dalla sensazione di essere al centro di un crocevia di storie, traffici e memorie. Giulio, con quegli occhi spalancati che rivelano la sua eccitazione, esprime il desiderio di salire sull’Arco da Rua Augusta. Siamo felici di acconsentire: la curiosità dei bambini, quella scintilla che illumina il volto, è uno dei grandi piaceri della crociera per noi.
Durante la colazione, io osservo la città come Pessoa l’avrebbe vista: un miscuglio di storia e malinconia, di vicoli stretti e piazze ampie, di tetti rossi e cielo azzurro. Immagino lo scrittore che cammina lungo Rua dos Douradores, che osserva le facciate pombaline, che si perde nei pensieri come un viaggiatore dell’anima prima che del corpo. Ogni angolo sembra raccontare un frammento del suo “libro dell’inquietudine”: le scale di pietra, le finestre ornate, le terrazze con fiori, tutto sembra sospeso tra memoria e sogno. “Lisboa modella se stessa sul suo visitatore”, scrisse Antonio Tabucchi, e stamattina, mentre la nave scivola silenziosa sotto il ponte 25 de Abril, mi pare che Lisbona abbia scelto di mostrarsi proprio così: accogliente, poliedrica, già negli occhi e nell’anima. Non poteva esserci cornice più suggestiva per iniziare il nostro incontro con la città di Pessoa.