Una curiosità
L'armatura milanese era asimmetrica: sulla sinistra, la spalla e il braccio che guidava il cavallo erano maggiormente difesi rispetto al lato destro che doveva essere più mobile per impugnare la lancia e maneggiare la spada.
I rinforzi dello spallaccio e del braccio sini-stro permettevano di eliminare l'ingombrante scudo....si combatteva senza scudo.
Il busto completamente metallico consentiva di potervi applicare la resta, una mensola su cui appoggiare la lancia e meglio direzionarla, da cui l'espressione "caricare lancia in resta".
Nelle varie teche è curioso osservare come erano cucite le armature...ho utilizzato il termine cucite perché ad esempio alcuni busti, esterno in stoffa abbastanza pesante o in cuoio, all' interno erano rivestiti interamente di catene di ferro. Avvicinate le une alle altre e cucite a mano sull'involucro esterno. Sui fianchi, i più esposti e pericolosi, erano cucite una serie di placche in ferro a protezione dove la lama difficilmente poteva penetrare. Questo tipo di armatura....la si vede nella foto di Ludovico il Moro a cavallo, era molto più leggera e permetteva un certo movimento a differenza di altri tipi di armature. Il cavaliere poteva comodamente salire e scendere da cavallo, combattere con agilità e compiere diversi movimenti senza fatica.
L'armatura milanese
Agli inizi del Quattrocento gli armorari milanesi riuscirono a perfezionare un sistema difensivo realizzato in piastre metalliche che permettevaalcavaliere di essere perfettamente difeso, creando la vera e propria armatura.
Questo apparato difensivo rimarrà sostan-zialmente immutato per più di un secolo, mostrando superfici ampie, arrotondate e levigate, dalle forme geometriche, secondo il gusto del Rinascimento.
Le armature milanesi quattrocentesche conservatesi sono rarissime, poco più di una decina in tutto il mondo.
Particolarmente ambite dalle corti italiane ed europee, confluirono nelle varie collezioni dinastiche e sono ora conservate nei rispettivi musei.
In Italia la più importante raccolta di armature milanesi è composta da quelle utilizzate all'epoca come ex voto e originariamente esposte al Santuario della Beata Vergine delle Grazie a Curtatone, ora conservate al Museo Diocesano di Mantova.
Solamente in questa sala occorrerebbe molto tempo, se interessati, per apprezzarla meglio.
L'ultimo step di questa visita al museo delle Arti Antiche al piano terreno del castello, termina in un'ampia sala molto articolata che racchiude monumento funebre di Gaston de Foix.
Una storia di 500 anni fa, che ha come protagonista il giovane comandante francese e uno dei più grandi scultori dell'epoca: Agostino Busti detto il Bambaia. Il monumento è stato smembrato, ma molti dei pezzi più significativi sono rimasti a Milano, tra il Museo del Castello Sforzesco e la Pinacoteca Ambrosiana.
Ci immaginiamo lo scultore gettare uno sguardo accorato ai marmi scolpiti, alle lastre appena sbozzate, alle figure degli Apostoli e delle virtù e a quella, nobilissima, del giovane principe guerriero, giacente nel sonno della morte e nella penombra della chiesa di Santa Marta a Milano. E mentre la sua mano sfiorava ancora una volta quelle superfici levigate e lucidissime, pensava, chissà, a quanto era stata grandiosa e sventurata quell’impresa a cui era stato chiamato.
Gaston de Foix era un principe di Francia. Nipote del re, duca di Nemours, signore di Navarra, poco più che adolescente era stato messo a capo dell’esercito del giglio: non per nepotismo, ma perché era il più coraggioso di tutti. «Folgore», lo chiamavano. Brillante.
Morto a 23 anni. A Milano, nel Duomo, gli furono tributati i funerali più solenni di sempre. Gli svizzeri avevano poi oltraggiato le sue spoglie, ma quando i francesi riconquistarono la città, dopo la battaglia di Marignano, decisero di onorare Gaston con un sepolcro degno di un imperatore. O di un papa. Da erigersi, però, non nella cattedrale, ma nella nuovissima chiesa delle agostiniane, monastero prediletto dall’aristocrazia milanese.
